Gringot il Corvo

Gli uccelli della cittadina di Dora invidiavano Gringot il Corvo. Viveva in una casetta in via dei Trucioli, dietro l’officina del falegname, e aveva una gabbietta grande quanto un armadio, nella quale non mancavano mai né cibo, né acqua. Anna, la sua padroncina, gli dava tutte le mattine il buongiorno e tutte le sere, prima di rimboccarsi le coperte, la buona notte.

A Gringot però non piaceva la sua vita. Ogni pomeriggio Anna apriva la porticina della voliera e gli permetteva di esplorare la stanza, ma il giovane corvo si chiedeva cosa si provasse a spiegare le ali nel cielo di primavera e a piroettare in mezzo a nubi simili a zucchero filato.

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Il piccolo re Imperatore

In un paese lontano lontano c’era un castello di carta, alto quanto un monte, forte quanto una quercia. Un incantesimo magico lo aveva reso indistruttibile. Il vento non lo poteva piegare, la pioggia scalfire, la grandine forare. All’interno di questo palazzo, viveva un re. Che poi, dire re! Era un bambinetto di appena otto anni, paffuto e capriccioso.

In quel paese lontano lontano, tutti lo conoscevano, anche se nessuno lo aveva mai visto. Prigioniero di un regno di carta, temeva la luce del sole, il profumo dei pollini, il sorriso della gente. Si chiamava Imperatore e regnava dalla sua torre incantata, nella quale solo i servitori potevano mettere piede.

«Perché il re non apre mai le porte del castello?» chiedevano i viaggiatori da altri regni.

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Cuore di stoffa

Non tanto tempo fa, in un luogo vicino al regno delle fiabe, viveva un drago di nome Eliot. Ma attenzione! Non si trattava di un drago come gli altri, perché non sputava fuoco, né pranzava con cosce di pecora. Era invece piccino piccino e negli occhi non aveva pupille, ma due punti di cucito in filo nero. A differenza dei suoi antenati, non era nato in una grotta di montagna, ma lo aveva fabbricato un costruttore di giocattoli, per regalarlo alla nipote di un amico.

«Altro che drago!» diceva sempre l’artigiano. «Hai ali troppo piccole per volare e artigli di panno che non possono lasciare un graffio; ma anche se nel tuo petto c’è un cuore di stoffa, saprai rendere felice una bella bambina.»

Mai furono dette parole più vere! Quando Valentina conobbe il piccolo Eliot, lo strinse al petto forte forte. Lo amava per la linguetta arancione che penzolava dalla bocca, per le guance larghe che ricordavano un criceto, per la pancia morbida da solleticare nei momenti di tristezza, ma soprattutto per quel grande sorriso che scaldava ogni cuore.

«D’ora in poi io e te non ci separeremo più» diceva e la sua voce da bambina era così dolce che anche il drago di peluche si innamorò di lei.

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